RISULTATO: Referendum senza quorum

Il referendum è valido solo se più della metà degli aventi diritto al voto esprime il proprio voto – cioè il 50% più una persona. Questo quorum non è stato raggiunto – quindi il referendum non è valido.

In tutta Italia ha votato circa il 30 % – in Alto Adige addirittura solo il 16 %.

I risultati trovi sul sito nazionale Eligendo.

Se si guardano solo i risultati delle votazioni, i favorevoli alle modifiche legislative avrebbero vinto: oltre l'84 % ha votato a favore delle modifiche al diritto del lavoro e il 60 % era favorevole ad ottenere la cittadinanza in tempi più rapidi. 84 Prozent stimmten für die Änderungen beim Arbeitsrecht und 60 Prozent waren dafür, dass man schneller die Staatsbürgerschaft bekommen kann.

QUANDO?

COSA?

CHI?

COME?

DOVE?

DA PORTARE

Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 si terrà in Italia un referendum abrogativo.

I cittadini e le cittadine saranno chiamati a votare su cinque quesiti, quattro relativi al lavoro e uno riguardante la cittadinanza.

Ogni persona riceverà cinque schede di colore diverso – una per ogni quesito.

Si tratta di un referendum, che riguarda i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro e il tema della cittadinanza

Questa forma di democrazia diretta è uno strumento fondamentale che permette a cittadine e cittadini di partecipare attivamente alla vita politica e di contribuire a modellare la società.

Come si vota?

Ogni persona riceverà cinque schede di colore diverso, una per ogni quesito.

Su ogni scheda si può votare “SÌ” o “NO”.

Votando “SÌ”, si è a favore dell’abrogazione del decreto indicato.

Votando “NO”, si vuole che la legge attuale rimanga in vigore.

Non dovete necessariamente votare su tutti i quesiti referendari, ma potete anche accettare singole schede.

Di cosa si tratta?

Si vota per decidere se abrogare i seguenti cinque punti:

Scheda di colore verde

Contratti di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione

Di cosa si tratta:
Nelle aziende con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, è previsto solo un risarcimento economico, ma non il diritto al reintegro nel posto di lavoro.

Cosa succede se vince il SÌ?:
Se vince il SÌ, verrà abrogato il decreto attuale e le imprese potrebbero essere obbligate a reinserire il lavoratore/lavoratrice in caso di licenziamento illegittimo.

Argomenti a favore del SÌ

Il diritto al reintegro dopo un licenziamento ingiustificato è considerato una tutela fondamentale per i lavoratori e le lavoratrici. Senza questo diritto, secondo loro, le persone potrebbero essere licenziate troppo facilmente. Il solo risarcimento economico viene ritenuto insufficiente. 

Argomenti a favore del NO

Secondo chi vota NO, una maggiore flessibilità nei licenziamenti incentiva le imprese ad assumere più persone con contratti a tempo indeterminato, evitando così condizioni lavorative precarie. Il risarcimento economico viene considerato una tutela adeguata.
Inoltre, l’attuale sistema allinea l’Italia agli standard europei.

Formulazione della domanda sulla scheda elettorale

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, come modificato dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, dalla sentenza della Corte costituzionale 26 settembre 2018, n. 194, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2020, n. 150; dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal d.l. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79 (in G.U. 29/06/2022, n. 150); dalla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22; dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?  

Scheda di colore arancione

Piccole imprese – Licenziamenti e indennità previste: abrogazione parziale

Di cosa si tratta:
Attualmente, in caso di licenziamento ingiustificato in una piccola impresa (con meno di 15 dipendenti), la legge prevede un indennizzo minimo e massimo stabilito, ma non il reintegro.

Cosa succede se vince il SÌ?:
Se vince il SÌ, verrà parzialmente abrogata la norma che fissa limiti precisi all’indennizzo nei casi di licenziamento illegittimo. I giudici avrebbero maggiore libertà nel decidere l'importo dell’indennità caso per caso.

Argomenti a favore del SÌ

Secondo i sostenitori del SÌ, ogni lavoratore e lavoratrice, indipendentemente dalla dimensione dell’azienda, merita una tutela adeguata.
La possibilità di adeguare l’indennizzo alla singola situazione
garantirebbe maggiore giustizia ed equità.

Argomenti a favore del NO

Chi vota NO ritiene che le piccole imprese abbiano bisogno di regole più semplici e prevedibili per poter operare con stabilità. La legge attuale assicura una compensazione chiara e proporzionata e consente alle imprese di gestire con più sicurezza il rischio legato ai licenziamenti.

Formulazione della domanda sulla scheda elettorale

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali” , come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un” , alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?

Scheda di colore grigio

Contratti a termine – Durata massima e condizioni per rinnovi e proroghe: abrogazione parziale

Di cosa si tratta:
Attualmente, le aziende possono stipulare contratti a termine liberamente, senza dover specificare una motivazione, anche per periodi inferiori a 12 mesi.

Cosa succede se vince il SÌ?:
Se vince il SÌ, le imprese dovranno giustificare la motivazione per cui stipulano un contratto a termine inferiore a 12 mesi. Questo renderebbe più difficile l’uso ingiustificato di contratti temporanei.

Argomenti a favore del SÌ

Die Verpflichtung zur Angabe von Gründen würde den Missbrauch befristeter Arbeitsverträge einschränken, da diese oft dazu verwendet werden, um dauerhaften Arbeitsbedarf zu decken.
Das würde zu mehr Stabilität und Festanstellungen führen, denn befristete Verträge sollten nur in echten Ausnahmesituationen eingesetzt werden.

Argomenti a favore del NO

Chi vota NO ritiene che l’obbligo di indicare un motivo limiti la flessibilità delle imprese.
Questo potrebbe avere come conseguenza un aumento della disoccupazione, poiché le aziende sarebbero meno propense ad assumere.

Formulazione della domanda sulla scheda elettorale

Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque” , alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni” , alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “ , in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?

Scheda di colore rosso

Infortuni sul lavoro – Responsabilità solidale di appaltatore e subappaltatore: abrogazione

Di cosa si tratta:
Attualmente, in caso di infortuni subiti da lavoratori di aziende appaltatrici o subappaltatrici, la legge esclude la responsabilità del committente principale.

Cosa succede se vince il SÌ?:
Se vince il SÌ, la responsabilità verrà estesa anche al committente.

Argomenti a favore del SÌ

Chi vota SÌ sostiene che la possibilità di essere ritenuti responsabili spingerà i committenti a scegliere aziende che rispettano gli standard di sicurezza. Questo potrebbe ridurre il numero di incidenti sul lavoro e garantire risarcimenti più adeguati in caso di danni gravi o mortali.

Argomenti a favore del NO

Secondo chi vota NO, non è giusto rendere il committente responsabile per rischi legati ad attività che non controlla direttamente e che sono propri dell'appaltatore.
Questa misura potrebbe portare a una riduzione degli appalti, colpendo in particolare le piccole imprese, e causare un aumento dei costi per tutti.

Formulazione della domanda sulla scheda elettorale

Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, in tema di “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione” , di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?

Scheda di colore giallo

Cittadinanza italiana – Riduzione degli anni di residenza per i cittadini extra-UE: abrogazione

Di cosa si tratta:
Chi vuole ottenere la cittadinanza italiana deve attualmente aver vissuto in Italia per almeno 10 anni.

Cosa succede se vince il SÌ?:
Se vince il SÌ, la durata minima di residenza in Italia per richiedere la cittadinanza sarà ridotta a 5 anni. Gli altri requisiti, come la conoscenza della lingua italiana e l’assenza di precedenti penali, rimangono invariati.

Argomenti a favore del SÌ

I sostenitori affermano che in questo modo si potrebbe favorire l’integrazione dei 2,5 milioni di stranieri che lavorano in Italia – e cinque anni di residenza sarebbero sufficienti per acquisire i requisiti.
Inoltre, l’Italia si allineerebbe agli standard europei.

Argomenti a favore del NO

Le persone che votano “No” affermano che dieci anni rappresentano un periodo adeguato per l’integrazione.
Una riduzione potrebbe causare un aumento eccessivo delle richieste di cittadinanza.

Formulazione della domanda sulla scheda elettorale

Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”?

Il M5S raccomanda di votare SÌ per le prime quattro domande, non c'è alcuna raccomandazione per la quinta domanda.

+Europa spinge soprattutto per la partecipazione al voto. I voti a favore riguardano la cittadinanza e la responsabilità per gli infortuni sul lavoro. No per gli altri tre.

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